giovedì 30 giugno 2016

L'uomo che vendette la Luna


Lo scorso aprile Piazza Grande, il giornale dei senza fissa dimora di Bologna, ha pubblicato un numero per bambini e mi ha chiesto un racconto. Questo è quello che è venuto fuori.
Buona lettura.

L’uomo che vendette la Luna

Era un giovedì di fine aprile quando Sir Jonathan Denver, architetto di Londra, ebbe l’idea. Mise un annuncio sul giornale e per le quattro e dieci del pomeriggio aveva già un compratore. Il signor Denver aveva venduto la Luna per trecento sterline a un imprenditore di Parigi. E siccome era ancora presto festeggiò con una sontuosa merenda.
Subito dopo l’acquisto Monsieur Bayrou chiamò le televisioni di tutta la capitale. «La Luna è mia! – diceva – Mia!» Com’è come non è, all’improvviso tutti volevano comprare la Luna... ma proprio tutti: dai magnati egiziani ai latifondisti del Sud America, dal re del Marocco alla Silvana, che abitava nella parte bassa di Montragone Marittima ma che si dava sempre arie da gran signora.
Alla fine la spuntò una società giapponese, che in una gara d’asta si aggiudicò la Luna per diversi milioni di Yen.
«La Luna salirà ancora di valore – si sentiva dire sia negli ambienti dell’alta finanza che nei bar – è una fonte di ricchezze che non si svaluterà mai!»
E quando qualcuno lo diceva, c’era sempre un altro che continuava: «Pensate a quando l’uomo potrà andare a vivere sulla Luna. A quel punto, il proprietario di tutto quel terreno riscuoterà un sacco di soldi di affitto!» E tutti annuivano, come se avessero sentito la frase più saggia del mondo.
Tale consapevolezza portò il prezzo della Luna a salire ancora (la battuta “il prezzo della Luna è alle stelle” presto non faceva ridere più nessuno). La Silvana, dalla sua casetta della parte bassa di Montragone Marittima, si mangiava le mani desiderando di essere lei la proprietaria... e pensando a quanto sarebbe diventata ricca al momento della colonizzazione.
Le venne incontro la Luna Corp. Ltd, una multinazionale che aveva rilevato la Luna dal precedente proprietario, che se ne uscì con una trovata: dividere in lotti la superficie della Luna e venderla pezzetto per pezzetto. A ognuno la sua parte di territorio.
Il giorno della vendita, davanti agli uffici della Luna Corp. Ltd le file erano lunghissime. C’era anche la Silvana, che dalla parte bassa di Montragone Marittima aveva preso il traghetto e portato tutti i suoi risparmi (consistenti in dodici cocuzze e un dente d’oro appartenuto al nonno). Anche lei riuscì ad accaparrarsi un pezzettino di Luna. Certo, era un fazzoletto di terra piccolo piccolo, in cui ti ci potevi a malapena sedere senza sconfinare nelle proprietà dei vicini, me lei era contenta così.
Radio e televisioni si lanciarono a capofitto sulla notizia. I telegiornali intervistavano esperti in economia e astronomia. In breve, sembrava che non esistesse altro che quell’enorme vendita di terreni lunari.
Il grande errore lo commise un notiziario della sera mandando un inviato in strada a raccogliere il parere della gente.
«È stato un vero affare per tutti!» diceva qualcuno.
«La più grande vendita di sempre!» diceva qualcun altro.
Poi l’inviato fermò Michelino e, pensando di farsi due risate alle spese di un bimbo, gli pose la domanda: «E tu cosa ne pensi della vendita dei territori della Luna?»
«Non ci ho capito molto – rispose Michelino – ma mi sembra una stupidaggine. La Luna ispira i poeti e fa felici gli innamorati, ma a loro non se ne può far pagare l’uso, no? E le colonie sulla Luna? A scuola ci hanno detto che sulla Luna non c’è aria e che quindi non ci si può andare a vivere!»
In quel momento, la Silvana capì che in realtà il suo pezzetto di Luna non valeva proprio niente. E lo stesso successe a tutti gli altri proprietari. Che gran delusione per tutti!
Per vincere lo sconforto si organizzarono roghi degli atti di vendita della Luna. Gli acquirenti avevano tutti perso i loro soldi... ma i proprietari della Luna Corp. Ltd erano ancora lì che si strofinavano le mani per l’incredibile guadagno.
La Silvana scoppiò a piangere pensando alle dodici cocuzze (e soprattutto al dente d’oro del nonno) che aveva investito e perso in quel modo stupido. Ma chi patì le conseguenze peggiori fu il piccolo Michelino, costretto a rimanere chiuso in casa un mese intero per evitare le occhiatacce di tutti quelli che, a causa sua, avevano capito di essere stati fregati e di aver comprato a caro prezzo qualcosa che non valeva niente.
I notiziari iniziarono a parlare di “bolla speculativa”, ma per quell’ora la Silvana aveva già spento il televisore ed era andata a dormire.
Alla fine, la Luna tornò a essere di tutti. E questa forse è la cosa più importante.

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