La crusca, il racconto breve che mi è valso il terzo posto alla sezione letteraria della trentasettesima edizione del Campionato italiano della Bugia di Le Piastre.
La
crusca
Mio
nonno faceva il fornaio in quegli anni in cui per trovare un po’ di
farina si doveva girare tutta la valle. Per un po’ ce la fece, ma
poi arrivò il momento in cui non riuscì più a racimolarne
abbastanza. E allora, perché la gente del paese non rimanesse senza
pane, iniziò ad allungare la farina con la crusca, dopodiché,
quando anche la crusca finì, prese a fare le focacce con la segatura
del legno. Tanto d’aspetto erano più o meno uguali.
Mi
raccontava che si sentiva in colpa, il nonno, a vendere i pani di
segatura, ma che altro poteva fare, con moglie e due figlioli?
Tra
l’altro, temeva che la gente se ne sarebbe accorta e avrebbe smesso
di comprarle, quelle focacce, ma invece le richieste aumentavano.
Andavano a comprarle anche dagli altri paesi della zona, e spesso
gliene prendevano in gran quantità. Tanto che a un certo punto non
riuscì più a soddisfare le richieste e dovette chiedere aiuto al
fornaio di un borgo vicino. I due si erano guardati in cagnesco per
anni, da eterni concorrenti, ma il nonno non aveva altra scelta.
Allora
andò da quest’altro fornaio, e quando arrivò fu accolto con un
benvenuto che non gli era mai stato riservato.
“Hai
visto? - gli disse l’altro - Bastava che uno dei due cambiasse
lavoro perché gli affari di entrambi cominciassero ad andare a
gonfie vele!”
Il
nonno si guardò intorno: “Ma che dici? A me questa mi pare ancora
una bottega da fornaio”.
“Certo,
e vendo focacce a volontà. Invece, da quanto ho sentito, in tutta la
valle non si trovano mensole che siano robuste come le tue!”
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